Il paese senza adulti di Ondine Khayat, la recensione

Quante volte sentiamo al tg delle violenze sulle donne, delle violenze domestiche? Quante volte sentiamo ed omettiamo magari queste violenze attorno a noi? Leggere di questi argomenti aiuta a prendere coscienza, quindi oggi proponiamo Il paese senza adulti di Ondine Khayat, un romanzo forte e toccante allo stesso tempo.

Il paese senza adulti di  Ondine Khayat

Slimane è un bambino di 11 anni che vive nel terrore, in un fatiscente appartamento, con sua madre e Maxence, il suo fratello-eroe. E con il Demone, ovvero suo padre, perennemente sbronzo, disoccupato, violento e crudele. I tre sono abituati ormai a vivere nell’ombra della minaccia del Demone, che raramente è sobrio, che spende tutti i soldi guadagnati faticosamente dalla moglie in alcolici e gratta e vinci ed in cambio la picchia selvaggiamente, picchia i bambini e distrugge la casa.

Slimane e Maxence, vivono in silenzio, si aggirano per casa come spettri nei rari momenti in cui la furia del Demone non si scatena.

Quando finalmente trova lavoro, il Demone si placa, beve meno, tratta tutti meno male e a Slimane sembra quasi di vivere in una famiglia normale. Ma quanto può durare? Maxence difende Slimane, lo protegge dall’orrore di quella vita non adatta a dei bambini. Ma chi protegge Maxence? Affranto dallo squallore, Maxence decide di partire per il Paese senza adulti.

Il paese senza adulti descrive una situazione di profonda degradazione e disagio, molto reale, in cui le vittime sono i bambini, vittime di violenze fisiche e psicologie.

Bambini portati allo stremo e protetti da nessuno. Tutti sentono, nessuno parla. La madre per prima. Le donne e la violenza, quante volte abbiamo sentito quest’argomento? Ebbene stavolta i protagonisti sono i bambini, così riprendiamo il filone iniziano con i romanzi di Torey Hayden, di cui abbiamo parlato qui.

La recensione

Tuttavia Il paese senza adulti ha alcuni punti deboli: per esser raccontato dal punto di vista di un bambino è decisamente troppo articolato, il linguaggio e i concetti, nonché la morale, sono decisamente adulti mentre invece l’autrice avrebbe dovuto tener maggiormente in conto la psicologia infantile. In secondo luogo ha la tendenza ad esser ripetitivo e alla lunga in certi punti diventa tedioso. Il percorso finale di Slimane era un spunto interessante ma viene affrontato in modo banale.

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Comunque rimane un libro dalla tematica forte, a tratti molto commovente.

Buona lettura!

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