Indice dell'articolo
Toggle“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”: così recita l’art. 2087 del Codice Civile.
Ecco dunque che, il datore di lavoro, è chiamato a tutelare l’integrità fisica dei suoi dipendenti e a salvaguardarne la personalità morale, l’individualità e la dignità.
Demansionamento: in cosa consiste e quando è legittimo
Una delle cose che, spesso, in azienda può accadere, è che il lavoratore venga messo a fare un lavoro diverso, rispetto a quello che prima faceva.
E cosa accade, quando il nuovo lavoro dequalifichi il dipendente ?
In buona sostanza, quando si ha il demansionamento e in cosa consiste ?
Quando l’azienda assume un lavoratore, si impegna ad assegnargli mansioni coerenti con la sua categoria: la dequalificazione e l’assegnazione a mansioni di categoria inferiore possono, infatti, costituire un inadempimento contrattuale.
Ciò, tuttavia, non vuol dire che un imprenditore non possa cambiare mansioni ad un suo dipendente, ma che è fondamentale che tali mansioni si equivalgano per livello e categoria (il Codice Civile, infatti, fa riferimento a “mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento delle ultime effettivamente svolte”).
Solamente in alcuni casi, il demansionamento è possibile: quando un lavoratore diventi inabile per la mansione svolta fino a quel momento, o quando la mansione diventi un rischio per la lavoratrice incinta; oppure, in caso di ristrutturazione, conversione e riorganizzazione aziendale, purché l’azienda abbia cura di trovare un equilibrio tra il suo interesse ad impiegare il dipendente in modo utile e il diritto del lavoratore a mantenere il suo posto di lavoro, la professionalità e le condizioni economiche.
A stabilire il divieto per l’imprenditore di assegnare al lavoratore mansioni diverse da quelle per le quali sia stato assunto, o da quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito, è l’articolo 2013 del Codice Civile.
Argomenti come questo, Mobbing e danno da demansionamento, fanno parte del Diritto del lavoro, potrebbero interessarti anche:
- Licenziamento disciplinare tutto quello che c’è da sapere
- Contratti a chiamata le ore di straordinario non si possono
Non solo del dipendente deve essere tutelato il suo bagaglio di competenze, ma anche la sua integrità psicofisica
Un demansionamento potrebbe mortificarlo e, dunque, causargli uno stress.
Mobbing verticale e orizzontale: la tutela per il lavoratore
Un altro illecito che il lavoratore può subire sul posto di lavoro è il mobbing: ossia, quell’insieme di comportamenti violenti prolungati nel tempo e lesivi della sua dignità personale e professionale, oltre che della sua salute psicofisica, che il superiore e/o i colleghi adottino nei suoi confronti.
Due sono le categorie di mobbing che possono essere individuate: il mobbing verticale e il mobbing orizzontale.
Il mobbing verticale
Il primo, consiste in atti vessatori che si concretizzino in un uso distorto del potere, in vessazioni e in soprusi adottati dal datore di lavoro, per mortificare il lavoratore e per farlo apparire inadeguato, così da spingerlo al licenziamento; il secondo, invece, si verifica quando tali comportamenti siano messi in atto da colleghi di pari grado del lavoratore vessato.
Il mobbing orizzontale
Quando il responsabile degli atti di mobbing è il datore di lavoro, il lavoratore può ottenere una tutela risarcitoria, in quanto i suoi interessi vengono lesi; in caso di mobbing orizzontale, invece, le responsabilità possono ricadere sia sui colleghi che abbiano materialmente messo in atto i comportamenti vessatori, che sul datore di lavoro, reo di non aver vigilato sull’operato dei suoi dipendenti, affinché ciò non avvenisse.
Il lavoratore vessato dovrà tuttavia dimostrare, secondo quanto stabilito dall’articolo 2043 del Codice Civile, quanto segue: la condotta persecutoria del datore di lavoro o del collega, continuata e protratta nel tempo; la lesione dell’integrità psicofisica intervenuta; il nesso causale tra la condotta persecutoria e il danno subito; l’intento persecutorio delle condotte vessatorie.
Simile al mobbing, vi è infine un altro fenomeno: lo straining.
A differenza del primo, lo straining non prevede una reiterazione del comportamento lesivo, ma consiste invece in una condizione forzata di stress sul posto di lavoro, causata dal comportamento vessatorio tenuto dal datore di lavoro o da un superiore: il dipendente, in questo caso, vive una condizione di stress per via delle azioni ostili subite, che devono comunque essere limitate nel numero o distanziate nel tempo.
Demansionamento, mobbing e straining sono dunque tre condizioni contro le quali il dipendente può agire, per far valere i propri diritti e per ottenere un risarcimento.